di Simon Larocca
24/02/2025
Ricordo ancora come se fosse ieri lo sferragliare del treno che mi conduceva al villaggio, meta finale della mia gita videoludica.
Correva l’anno 2001, sfruttavo il mio Nintendo GameCube con tutta la gioia di chi aveva a che fare con una macchina portentosa, e nel momento in cui inserii il dischetto di Animal Crossing dentro la console, seppi che sarebbe stato un viaggio indimenticabile. Le mie aspettative non furono deluse.
Uscito anche per Nintendo 64 e divenuto subito un punto fermo della casa di Kyoto come Super Mario e Zelda, tanto per citare due franchise eterni, Animal Crossing rapì schiere di fan abbracciando sia ragazzi che ragazze con i suoi colori, la grafica fumettosa e la sensazione straordinaria di vita simulata all’interno di un mondo non così distante, ad appena un passo e un soffio dal nostro.
Esso fa parte di quella categoria di nicchia chiamata ‘simulatore di vita’, tipologia di giochi che basano il proprio gameplay sulla cura di uno o più personaggi e i loro bisogni, calandoli in un contesto che rappresenti l’ambiente naturale in cui nascere, crescere e anche morire, attraversando le fasi dell’esistenza con tutto ciò che comportano. Hobby, passioni, lavoro, in questo caso nei campi prevalentemente, e mille avventure intrecciando amicizie, conoscenze e legandosi ad altre persone.
Esattamente come nella vita vera.
Il più famoso degli antenati di questa categoria, e forse anche il capostipite, è il Tamagotchi, leggendario ovetto elettronico che è stato una vera e propria icona per tutti i ragazzini, anche al di fuori del Giappone, soprattutto negli Anni Novanta, e ha permesso ai videogiocatori che in quegli anni combattevano legioni infernali di demoni in Doom e salvavano principesse e isole in Monkey Island di prendersi una pausa, così da dare da mangiare alla propria creatura e, in caso di necessità, ripulire la sua cacca ai bordi dello schermo. Non sto scherzando, provatelo e vedrete.
Animal Crossing a oggi conta ben cinque giochi ufficiali, insieme ad alcuni spin-off che ne ampliano l’universo e implementano alcune caratteristiche di gameplay assenti nei capitoli principali: il nostro protagonista, dopo aver viaggiato in treno e aver conosciuto il primo dei personaggi antropomorfi che faranno parte della sua nuova vita, dovrà costruire e customizzare la propria abitazione guadagnando stelline, ovvero la valuta di Animal Crossing, fare favori agli altri abitanti e armarsi di zappa e cappello per prendersi cura di piante e ortaggi.
L’agricoltura non è mai stata così divertente e pacifica, ed è infatti il concetto zen alla base uno dei fulcri della saga: anche nell’ultimo capitolo uscito per Switch, New Horizons, frutto di una felice direzione artistica del grande Koji Takahashi, la possibilità di accendere la console, entrare nel gioco e ‘tornare’ nel mondo parallelo in cui il nostro avatar vive e respira, costituisce un piacere delizioso e rilassante, un toccasana per l’anima che ci permetterà di allentare lo stress della vita quotidiana, sulla quale i problemi pendono come spade di Damocle.
Come fare tutto questo?
Innaffiando pomodori e salutando qualcuno dei nostri vicini, magari un tanuki o un gatto dalla faccia simpatica, splendidamente caratterizzati dai game designer grazie a un lavoro di character design che permette loro di esprimere simpatia fin dal primo sguardo.
Zen e Relax sono dunque le parole chiave alla base del concept di Animal Crossing.
Nintendo desidera che il giocatore resti più tempo possibile sull’isola e lo fa con tonnellate di side quest, i cosiddetti ‘favori’ di cui parlavo prima, una cura maniacale per l’alternanza delle stagioni e del giorno e la notte (che si baseranno sull’orologio interno della console) e molti segreti da scoprire, giocando il più possibile.
Questo perché, come nel mondo reale, svelare misteri e conoscere ogni anfratto dell’isola significa esplorare, tornare spesso e permettere al mondo di gioco di crescere insieme a noi.
Non è forse, tutto questo, vivere?
Pro
Simulatore di vita in tutto e per tutto: le azioni in gioco avranno ripercussioni anche in futuro e persino quando non giocheremo
Grafica fumettosa e colorata che acchiappa lo spirito della serie in puro stile Nintendo
Tonnellate di eventi e cose da fare ogni giorno, per una longevità pressoché infinita
Contro
Lo spettro della ripetitività è sempre dietro l’angolo nei sim-game, e questo non fa eccezione
Approccio dai ritmi eccessivamente lenti che non a tutti può piacere
Mancanza di una classica storyline principale
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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