Glass Rose, un'indagine raffinata tra passato e presente!

Glass Rose, un'indagine raffinata tra passato e presente!

C'era una volta

di Simon Larocca

26/05/2025

Dalla fucina laboriosa di Capcom, molte sono state le produzioni multi-genere approdate sulle console degli ultimi due decenni. Resident Evil e i suoi epigoni rilanciarono le avventure dinamiche con elementi horror, certamente, tuttavia la casa di produzione giapponese non si è mai adagiata sugli allori e vari dipartimenti creativi interni e si è data da fare per trovare nuove idee per il mercato videoludico, in fermento continuo.

Glass Rose fu pubblicato nel 2003 in Giappone per PlayStation2 (da noi arriverà solo l’anno dopo), seguendo la magnifica e sanguinosa scia di perle survival horror come Silent Hill e Forbidden Siren, tanto per citarne due a caso, ma Capcom aveva in serbo per noi un esperimento ibrido coraggioso, vediamo perché.

Grafica poligonale come da prassi, diciamo, e sfondi pre-renderizzati che restituiscono abbastanza bene la tridimensionalità della villa, scenario unico del titolo in questione, dandoci indubbiamente la sensazione di giocare a un gioco Capcom di quegli anni grazie al suo illustre e zombesco predecessore firmato da Mikami.

La storia di Glass Rose ci cala nei panni di Kagetani Takashi, reporter alle prime armi che si ritrova a visitare una vecchia villa disabitata, in epoca contemporanea (il 2003, anno di uscita del gioco appunto): purtroppo però la curiosità di Takashi viene ripagata nel peggior modo possibile, perché una forza invisibile lo investe riportandolo indietro nel tempo nel 1929, quando la casa non solo non era affatto in decadenza, ma non lo erano nemmeno le persone che ci vivevano. La famiglia Yoshinodou coinvolta nel mistero che connette due momenti temporali apparentemente distanti l’uno dall’altro, infatti, sarà la chiave di volta per arrivare alla fine del gioco e scoprire la verità.

Il gameplay di Glass Rose, contrariamente a quello che vi potreste aspettare leggendo le mie premesse, nulla ha a che fare con le movenze marziali e sicure di Leon Kennedy e Chris Redfield: la visuale è in terza persona, ma non segue da vicino il vostro avatar e solo mediante un puntatore sullo schermo potrete muovere Takashi all’interno delle varie locations: cliccando sui personaggi sbloccherete dei lunghi dialoghi con loro per carpire informazioni e risolvere i numerosi enigmi disseminati per le stanze e i piani della misteriosa mansion.

A metà tra un gioco di esplorazione con puzzle di media difficoltà e la necessità di leggere ed esaminare insormontabili muri di testo con chiunque incontrerete sulla vostra strada, Glass Rose si pone come tentativo punta e clicca di infondere alle atmosfere nebulose di un Mistery le dinamiche tipiche di una storia sovrannaturale.

Il fulcro del gioco, infatti, si basa sull’abilità che Takashi sviluppa durante il viaggio del tempo involontario che subisce: è in grado di scoprire verità nascoste nella mente dei suoi interlocutori, più o meno volontariamente, parlando con loro. Su schermo, questa skill di Taka (lo abbiamo preso in simpatia) si attiva evidenziando, letteralmente, le parti di dialogo nella didascalia che ci interessano, e se avremo fatto centro sbloccheremo altre stringhe di dialogo che prima ci erano precluse. La sensazione provata è quella di trovarsi davanti a una storia dalla forte impronte narrativa, sceneggiata con cura meticolosa e un peculiare gusto verso l’Art Noveau come fonte d’ispirazione visiva, concetto ribadito dai creatori del gioco più volte e in più interviste. 

Ma è proprio questa l’arma a doppio taglio che ferisce in profondità Glass Rose, a mio avviso.

Il ritmo del gioco è piuttosto soporifero. La quantità di dialoghi presenti è enorme e se da un lato fornisce elementi di worldbuilding molto solidi e una degna di nota caratterizzazione dei personaggi, dall’altro affossa di molto le velleità dei giocatori poco abituati a lentezze ludiche di questa portata.

Glass Rose non è per tutti, raffinato come un Mont Blanc imperfetto che non a tutti piacerà. Ma come si dice in questi casi, non dire che non ti piace se prima non assaggi.

Game Cover
7

Pro

Enigmi dalla difficoltà variabile da risolvere entro un tempo limite, altrimenti il gioco terminerà. Una bella sfida, tutto sommato

Solo, o quasi, per chi ama le avventure narrative e psicologiche dove la parte testuale e riflessiva è preponderante

Contro

Ritmo estremamente lento e plot senza particolari picchi, la storia è piuttosto guidata e non vi sono side quest a mescolare le carte in tavola

Progetto interessante, ma riuscito solo parzialmente, essendo privo della personalità di altri titoli Capcom

Completo
86,25 €
Nuovo
113,18 €
Gradato
124,50 €
author

Simon Larocca

Scrittore e socio di Retroedicola Video Club

Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.

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