di Simon Larocca
21/07/2025
La bellezza è nell’occhio di chi guarda.
Vale per le persone, lo sappiamo bene, ma quando si entra nell’ambito videoludico, le cose si complicano ancora di più. Ico, il capolavoro adventure uscito nel 2001 per PlayStation 2, è uno di quei titoli sui quali siamo tutti d’accordo.
Chiunque lo guardi, ci trova dentro così tanta bellezza da non voler mai più smettere di giocarci.
Ico appartiene a una serie di avventure dinamiche create dal Team Ico, studio creativo guidato dal geniale Fumito Ueda, la mente dietro opere di vera arte videoludica del calibro di Shadow of Colossus e il non più così recente Last Guardian.
Connessi tra di loro non tanto per elementi narrativi ricorrenti, quanto per tematiche, atmosfere e vibes emotive, questi giochi condividono con Ico l’uso di luci e ombre come cardini sui quali imbastire molti dei numerosi enigmi ambientali presenti, insieme a una trama dal sapore epico e allo stesso tempo fortemente intimista: con Ico, in particolar modo, Ueta riuscì a scavare dentro la psiche dei due protagonisti con una delicatezza e profondità che raramente avremmo rivisto nei giochi a seguire nel panorama internazionale.
Aderendo pienamente al trope narrativo che nel fantasy può essere tradotto come “Da zero a eroe” (From Zero to Hero, che suona meglio), ci ritroviamo nei panni di un ragazzo con le corna, Ico, vessato dagli stessi abitanti del villaggio in cui è nato: ostracizzato per le protuberanze che ha sulla testa, viene segregato all’interno di una lontana fortezza e destinato a morire di stenti, vagando fino alla morte attraverso lugubri corridoi, torri ciclopiche e misteri in agguato a ogni angolo.
Ed è qui che incontra una splendida quanto enigmatica ragazza ammantata di luce, dalle vesti bianche e pure come il suo animo: Yorda, questo è il suo nome, e da quel momento i due stringeranno un’amicizia destinata a crescere con il prosieguo del gioco, svelando verità non sempre piacevoli mentre tenteranno con tutte le loro forze di ritrovare una libertà che, a quanto pare, tutti vorrebbero loro negare.
Ciò che subito si fa largo nell’animo dei giocatori che si avventurano nell’esplorazione del labirintico castello è il senso di costrizione, fisica ed emotiva, che i due subiscono sulla loro pelle: il gameplay si basa sul muovere Ico e insieme prenderci cura della fragile Yorda, dovremo infatti difenderla dalle numerose creature oscure, nate dall’ombra e dell’ombra soldati fedeli e micidiali, affrontando enigmi che ci faranno scervellare, ma che soddisfazione quando ne verremo a capo!
Per fortuna, i programmatori hanno implementato una sorta di modalità hint attraverso Yorda e la sua gestualità: sarà lei stessa a indicarci l’area o gli oggetti con cui interagire nelle aree di gioco in cui sarà necessario risolvere dei puzzle per procedere. Yorda fin dall’inizio del gioco comunicherà con noi con una lingua sconosciuta che né noi né Ico saremo in grado di comprendere, un idioma perso nei meandri del tempo e che farà sì che le ipotesi sulle sue origini misteriose ci affascineranno per tutto il corso del gioco, esattamente come le dinamiche tra lei e Ico.
La tenerezza che suscitano e la voglia di tifare per la loro salvezza cresceranno a dismisura.
Silenzi soprannaturali spezzati dai sospiri del vento che sollevano la sabbia delle dune desertiche, il calore delle mani dei giovani reietti che si intrecciano e bruciano di quella voglia di libertà che possono solo anelare, i ciclopici massi di granito che compongono le mura del Castello d’Ombra, così come lo chiamavo io quando dedicai i primi mesi dei miei vent’anni a godermi questa straordinaria avventura: tutto è poesia in movimento in Ico, un gioco meraviglioso che vi accarezzerà spesso il volto, molte altre volte vi colpirà con un pugno nello stomaco che vi toglierà il fiato.
Luce e ombra, Yorda e Ico. L’uno non può esistere senza l’altra. E noi non possiamo non giocarlo e rigiocarlo per emozionarci, ancora una volta.
Pro
Avventura dinamica in 3D, questa è la definizione tecnica. Ma Ico va molto, ma molto oltre gli aspetti che fanno di un videogioco ciò che è
Meccaniche di gioco semplici e comandi intuitivi, interazioni con l’ambiente circostante gestite con maestria: il mondo di Ico è vivo e il suo battito è udibile in ogni parte del gioco
Dinamiche emotive tra Ico e Yorda: il coraggio di lui e la dolcezza di lei vi entreranno dentro
Contro
Enigmi non sempre così semplici da risolvere e storia che non svela del tutto tutti i suoi segreti ed elementi legati al mondo narrativo alla prima run. Ma è davvero un elemento a sfavore del gioco?
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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