Gaming terapeutico e video game therapy, videogiocare per stare meglio, oggi si può.

Gaming terapeutico e video game therapy, videogiocare per stare meglio, oggi si può.

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di Simon Larocca

05/06/2025

Da qualche anno, si è iniziato a parlare di videogame therapy e delle possibili applicazioni del Videogioco nel campo della preservazione della salute. Non soltanto quella mentale, come vedremo, andando ben oltre la sfera psicologica dell’essere umano e aprendo scenari che fino a pochi decenni fa erano, diciamocela tutta, impensabili.

In Italia, lo spartiacque avviene nel 2019, quando la V.G.T., Video Game Therapy appunto, prende forma in modo concreto e strutturato grazie al professor Francesco Bocci, docente e psicoterapeuta che finalmente intravede l’opportunità di avvicinare i pazienti a una pratica che potesse apportare benefici significativi attraverso il media videogioco.

Giocare per stare meglio, dunque, il gioco che diventa anche strumento educativo-sociale con il quale instaurare una nuova forma di connessione tra psicoterapeuta e paziente: se opportunamente veicolata, la pratica del videogiocare può dare tantissimo in termini di stimoli e rafforzamento dell’equilibrio psicologico.

Molte delle terapie sperimentali prevedono sessioni di gioco condiviso tra due o più pazienti, con le quali si studiano le reazioni non solo a livello mentale di ciò che avviene sullo schermo, ma anche e soprattutto le sollecitazioni in quello che è lo spettro emotivo di chi videogioca.

Le avventure immersive “moderne” sono quelle che più di tutte trasportano i pazienti in mondi strutturati e credibili, attraverso i quali viene studiata la risposta emozionale che fungerà da base per le sessioni di terapia successive.

La trilogia di Life is Strange, per fare un esempio concreto, è stata oggetto di studio da parte di vari enti e psicologi, i quali, avvalendosi di operatori del settore videoludico ed educatori specializzati, hanno varato percorsi di gaming terapeutico molto interessanti, oltre che innovativi.

Interessantissimo in tal senso un articolo che ho letto recentemente (link qui) nel quale sono riportate alcune esperienze videoludiche di vario genere, dalla sessione di gioco di Detroit Become Human, meravigliosa avventura interattiva in cui affronteremo il tema dell’identità e dei traumi con cui convivere in ogni sua accezione, a quella in cui si parla di Little Nightmares, storia di paure ancestrali, pesi che gravano sul cuore e situazioni di disagio pesante all’interno della società. Le ramificazioni dentro di noi, sia a livello psicologico che prettamente emozionale, sono profonde e interconnesse.

Quando accennavo al contributo che la Game Therapy può dare ben oltre la salute mentale in quanto tale, intendevo proprio questo: affrontare e curare conflitti interiori, sofferenze di varia natura e irrisolti, grazie all’esperienza immersiva del Videogioco e all’esposizione allo stimolo che esso dà. Con questi presupposti, le tecniche psicologiche adottabili per lavorare sulla sfera personale aprono un ventaglio di possibilità potenzialmente senza limiti. 

Termini come ascolto attivo, catarsi e desensibilizzazione rispetto a un evento traumatico sono ricorrenti quando si parla di terapia del videogioco, tuttavia sono rimasto colpito dal modo gentile e insieme efficace con cui la tecnica dello Storytelling abbraccia il paziente: giocare dentro una storia, raccontata da altri, come protagonisti ci rende più spontanei, svincolati da leggi, inibizioni e quel senso di responsabilità che sentiamo sulle spalle quando ci apriamo, o siamo costretti a farlo, parlando a voce di ciò che ci ha fatto e ci fa soffrire.

Anche il dottor Bocci lo sottolinea (link articolo), quando afferma che “in un ambiente digitale, di per sé protetto e regolato, il paziente può rivivere traumi passati e vissuti emotivi senza rimanere incastrati in essi, ma dandone un significato adattivo e creativo”.

Il Videogioco ci prende per mano e ci dice quello che vogliamo sentire da sempre, di cui abbiamo davvero bisogno: «Qui dentro, potete sentirvi liberi». E la ricerca di libertà, mi chiedo, non è forse il primo passo per ritrovare se stessi?

author

Simon Larocca

Scrittore e socio di Retroedicola Video Club

Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.

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