Vectrex la console delle curve di Bézier

Vectrex la console delle curve di Bézier

Premi start

di Simon Larocca

04/03/2025

Certi tesori giacciono sepolti sotto strati di tempo e scatoloni, annidati dentro cantine polverose e dimenticate come il ricordo di buoni amici trasferiti in un’altra città, nel bel mezzo della nostra adolescenza. Ed è proprio in una di quelle cantine polverose e buie che io e Mauro, archeologi videoludici in quel di Retroedicola, trovammo il nostro amato Vectrex, una macchina meravigliosa destinata a sconfiggere l’oblio decennio dopo decennio.

Parliamo di una console a tutti gli effetti, il cui concept iniziale risale agli albori degli Anni Ottanta, prima di essere messa in commercio nel 1982 negli States, e in tutta Europa l’anno successivo. Benché appartenga ufficialmente alla seconda generazione ed è assimilabile alle console a 8-bit, tecnicamente parliamo di grafica vettoriale, di conseguenza il progetto sviluppato inizialmente da Smith Engineering tracciò per se stesso una strada molto diversa da quella seguita poi dai colossi Sega e Nintendo con le loro avanguardie videoludiche.

Grafica vettoriale? E cos’è? Viviamo In un’epoca dove il fotorealismo è all’ordine del giorno e possiamo distinguere con facilità il reticolato sbarazzino delle lentiggini spruzzate sul volto di Ellie in The Last of Us, quindi affidare un’intera ludoteca a un sistema grafico così peculiare, basato su poligoni che prendono forma grazie a calcoli matematici ben precisi, le cosiddette curve di Bézier, era a dir poco una scommessa azzardata.

Via il dente, via il dolore: il Vectrex ebbe una vita canonica breve, appena due anni prima di essere ritirata dal commercio, ma come si dice in questi casi, è da questo punto fisso nel tempo, Dottor Who ipse dixit, che inizia la leggenda. Oggi è una delle console più ricercate e amate dagli appassionati di cultura pop retrò, con un parco giochi forse non così ampio, tuttavia titoli del calibro di Minestorm, versione Vectrex dell’eterno Asteroids (ma con alcune differenze), e il bellissimo shooter a scorrimento laterale Scramble (che meriterebbe un articolo a parte) sono capolavori che almeno una volta nella vita meriterebbero di essere giocati.

Il Vectrex si presenta con un proprio monitor integrato verticale, dopo aver inserito la cartuccia di gioco potremo interagire con un joystick a quattro tasti di forma rettangolare, molto più ergonomico di quello che sembra: certo, non possiamo aspettarci la risposta di un odierna periferica di controllo, ma faceva il suo sporco lavoro e permetteva un grado di mobilità della navicella di Minestorm piuttosto accurato.

[Vectrex vintage advertising]

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Il grado di immersività che regalava il Vectrex era totale: il gioco di Star Wars, anche grazie alla sovrapposizione sullo schermo di una scheda trasparente in acetato che forniva l’illusione dei colori, era così fluido da far gridare al miracolo, un’esperienza da Jedi che vi consiglio altamente. L’introduzione di altre periferiche ricercate come la penna ottica, fondamentale per poter lavorare con un paio di applicazioni di grafica e persino un music creator, rese il Vectrex una console multifunzionale, e fu proprio questa sua duttilità a contribuire al fallimento commerciale.

Contrapponendo le linee vettoriali ai pixel delle sue competitors, il Vectrex riuscì certamente nell’impresa di distinguersi dalla massa, ma come spesso accade emergere con la propria unicità e qualità, elementi indiscutibili, non sempre è sinonimo di successo.

Eppure, ancora oggi, schiere di fan e appassionati “giocano” con il Vectrex e la possibilità di ricreare i giochi del passato, modificando i livelli o addirittura progettando nuovi videogiochi originali: questo è possibile anche grazie alla concessione della licenza di duplicazione del Vectrex in tutte le sue forme, avvenuta nel 1990 da parte della stessa Smith Engineering, come mi fa notare il buon Mauro, il mio Gola Profonda (l’informatore, non siate maliziosi!) quando si tratta di scavare nel passato.

Esattamente come è accaduto per il Commodore 64 e l’Amiga, a mantenere in vita hardware e software scavalcati dalle nuove generazioni di console e videogiocatori siamo proprio noi che, proprio come i punti di controllo delle curve di Bézier determinano la forma della linea vettoriale, tracciamo un legame indissolubile tra un agrodolce passato e un presente tutto da scrivere.

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Simon Larocca

Scrittore e socio di Retroedicola Video Club

Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.

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