di Simon Larocca
16/07/2024
Ho conosciuto Sir Arthur quando avevo poco più di cinque anni: Ghost'n Goblins aveva già fatto il suo grandioso esordio su cabinato l'anno prima, nel 1985 per l'esattezza, sconvolgendo il settore videoludico come pochi altri giochi seppero fare.
Correvano selvaggi gli anni Ottanta, l'orrore gotico delle produzioni dei decenni precedenti aveva spianato la strada alle ambientazioni splatter, così fu relativamente facile per Capcom (quelli di Street Fighter, proprio loro!) seguire una ricetta di sicuro successo: prendere un eroe coraggioso e vestirlo, e svestirlo, di buone intenzioni e simpatia, un'ambientazione horror in grado di strizzare l'occhio agli appassionati golosi di popcorn e non-morti, e infine il tocco di classe: presentarlo al pubblico osannando il grado di difficoltà che avrebbero dovuto affrontare per finirlo.
In quegli anni, allora più che mai, accettare le sfide impossibili era per i videogiocatori il corrispettivo dell'Arca dell'Alleanza per Indiana Jones. E fu anche per questo che Ghost'n Goblins divenne ben presto il termine di paragone per tutte quelle produzioni che basano il loro concept sul livelli intricati, orde di mostri e il Game Over come sprone a ricominciare, sperando di riuscire a fare quel passo in più in grado di condurre l'eroe più vicino alla gloria eterna.
Ghost'n Goblins non si distingue certo per la trama, che è infarcita volontariamente di cliché e stereotipi: il cavaliere Arthur deve salvare ovviamente una donna, la sua per intenderci, rapita da un demone terrificante, il boss finale che incontreremo nell'ultimo livello.
Il gioco si presenta come un platform arcade molto frenetico, nel quale azzeccare il tempismo dei salti e degli attacchi sarà di fondamentale importanza per avere qualche speranza di sopravvivere.
Come tutti i classici, anche Ghost'n Goblins possiede peculiarità che lo rendono unico e che hanno fatto scuola in seguito, tra citazioni e omaggi: Sir Arthur indossa un'armatura che, quando si viene colpiti, viene distrutta, fino a lasciare il nostro impavido condottiero letteralmente… in mutande! La sua figura di eroe infallibile subisce un'irriverente processo di distruzione sistematica e piuttosto comica, a dire la verità, se paragonata all'ambientazione lugubre nella quale viene calato dai programmatori del gioco.
Giochi come Dark Souls, tanto per citare uno dei capisaldi moderni, devono tanto al capolavoro Capcom: un debito che molti addetti ai lavori, me compreso, ritengono non sia stato mai del tutto ripagato, perché dove Dark Souls fallisce, di fatto rendendo spesso l'esperienza di gioco troppo frustrante benché interessante e suggestiva, Ghost'n Goblins invece riesce a trovare la quadratura del cerchio.
Ogni livello è certamente complicato e le vite di Sir Arthur sono destinate a scendere vertiginosamente a ogni partita: non si contano, tutt'oggi, le monetine inserite nella gettoniera del cabinato dai milioni di giocatori che si sono cimentati nell'epica impresa, però… Però il gioco non è così frustrante, anzi agevola la curva di apprendimento del giocatore.
Ghost'n Goblins non è una metafora della vita e della scalata verso l'autodeterminazione di noi stessi, non arriverò ad affermare tanto, tuttavia l'anima di un videogioco arcade è sempre stata questa, lo sappiamo bene.
Prova, fallisci, riprova, vinci.
Pro
Soddisfazione al limite dell'estasi nel momento in cui si riesce a terminare un livello, in armatura o in mutande non fa differenza
Gameplay meraviglioso e divertimento totale, quando si impara a muovere il nostro eroe
Sublimazione del concetto di "salto" e "tempismo"
Contro
Curva di apprendimento non immediata, bisogna sudare e molto per imparare a giocare
La difficoltà del gioco è quasi sovrannaturale e la frustrazione sarà la vostra compagna in ogni momento
Difficile, difficile, difficile
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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