di Simon Larocca
26/11/2024
Giocare è una delle primissime attività che impariamo ad amare e che ci aiuta a plasmarci, nel corpo e nell’anima. L’essere umano, inteso come forma di vita dotata di emozioni, mette in pratica l’atto del Gioco per poter interagire con il mondo che lo circonda: questa è una verità universale che va ben oltre la scienza e i suoi dogmi.
Fatta questa doverosa promessa, risulta ancora più importante e sorprendente ciò che è emerso da una ricerca condotta negli Stati Uniti alcuni mesi fa per quanto riguarda l’apporto terapeutico dei videogiochi all’interno di programmi di fisioterapia legati ai bambini con disturbo dello spettro autistico. L’articolo che descrive la ricerca e i medici che ne hanno preso parte (fonte: https://www.tgcom24.mediaset.it/mastergame/news/videogiochi-autismo-bambini-nintendo_78644975-202402k.shtml) fornisce spunti di riflessione stimolanti e quanto mai attuali: grazie a una delle ultime ingegnose periferiche Nintendo, il RingFit Adventure che permette di portare a un nuovo livello di divertimento (e sudore!) l’interazione del videogiocatore con il gioco sullo schermo, si è dimostrato quanto il suo utilizzo migliori sensibilmente le capacità motorie e di coordinazione dei bambini, durante le sessioni terapiche.
Nel caso specifico delle persone con disturbo da spettro autistico, inoltre, la predisposizione all’isolamento e a conseguenti disagi dovuti all’aumento di stress nella vita quotidiana può essere trattata attraverso un uso consapevole e monitorato del media videogioco, qualcosa che fino a pochi decenni fa veniva visto come un’imposizione genitoriale, mentre invece oggi, se condotta con criterio e con un approccio privo di paletti e scetticismo, garantisce indubbiamente una maggiore qualità nelle interazioni sociali per esempio (il Gioco per definizione dà il meglio di sé quando diventa un attività di gruppo), e sono convinto che anche questo sia uno dei tanti risultati importanti che sono venuti fuori alla fine della sperimentazione.
Pur non essendo chi scrive un medico né abbia intenzione di lanciarsi senza criterio e titolo in argomentazioni pseudo-mediche, dopo aver letto questo studio scientifico condotto da professionisti del settore sanitario ho fatto delle riflessioni: fin dalle sue origini all’alba degli arcade, Il videogioco grazie a Pong di Atari ha permesso di incrementare, o addirittura sviluppare, la coordinazione mano-occhio.
Un piccolo grande risultato, se pensiamo che ancora oggi c’è chi denigra gli evidenti benefici che l’Ottava Arte è in grado di trasmettere all’utente, che si tratti di un bambino o un adulto. Forse è ancora prematuro parlare di strumenti imprescindibili nel campo delle terapie multidisciplinari in campo medico, tuttavia si evidenziano passi avanti che fanno ben sperare in quella che è, a onor del vero, una nobilitazione del Videogioco in senso stretto che non deve passare inosservata, ed è proprio questo il cuore pulsante dell’articolo che state leggendo. Un’altra considerazione importante che vorrei fare è questa: viviamo in un mondo ipercinetico dove la società, di cui facciamo attivamente parte, mina continuamente qualcosa di unico e che negli ultimi anni è salito alla ribalta. Parlo ovviamente della salute mentale.
Argomento sensibile e dalle mille sfaccettature, quello della sanità mentale coinvolge non solo il mondo del videogioco: se ne parla in ogni dove, romanzi e saggi che approcciano la materia dal punto di vista sociologico e culturale, nei social i dibattiti sull’aspetto competitivo serrato che non farebbe altro che demotivare o addirittura demolire la personalità dei nostri ragazzi è più acceso, e sentito, che mai. Ecco che ritorna quindi di prepotenza la Domanda-Spauracchio: i videogiochi fanno male?
Io ho sempre pensato che non meritasse risposta, e che la vera domanda in realtà fosse sempre stata un’altra.
Quanto possono fare bene i Videogiochi? Finalmente, le prime risposte stanno arrivando, e proprio dalla medicina, il che, lasciatemelo dire, è già una vittoria per tutti noi.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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