di Mauro Corbetta
28/01/2025
KINGS OF THE BEACH
Di Michael Abbot e Nana Chambers - Electronic Arts (1988) – MS-DOS
Spiagge roventi, il cielo azzurro come il mare e due squadre che giocano a beach volley: in questo caos di violenta libertà il videogioco per eccellenza è “Kings of the Beach”, un nome per i retrogamer che ha un sapore agrodolce dell’estate ormai finita.
Ho scritto questo piccolo amarcord videoludico durante le vacanze estive, sotto l’ombrellone nei momenti liberi che mi lasciava mio figlio. Vacanze che ormai, a quarant’anni, sanno anche loro di routine e quotidianità. Invidio il mio piccolo che per la prima volta ammira ogni cosa di questi giorni, le onde che lo fanno andare a ruzzoloni, castelli di sabbia immensi e abbandonarsi sulla sdraio con merendine più grandi di lui. In quest’atmosfera surreale il videogioco che mi torna alla mente, e che ogni anno al ritorno a casa mi aspetta fedele da 28 anni, è “Kings of the Beach”: insieme a pochi altri titoli, tra cui l’immortale OutRun di Sega e i “Summer Games” di Epiyx, è un videogioco che ‘fa estate’, vero status simbol per noi retrogamers.
Kings of the Beach è un videogioco sportivo, uscito inizialmente per MS-DOS – ed è la versione che preferisco nonché quella di cui parleremo – e in seguito convertito per Commodore 64 e Nintendo Nes. Oggi la sua grafica potrebbe essere interpretata come demodé, ma dietro la sua scorzetta di limone si nasconde un bel lavoro di pixel art, che trasuda amore e cura per il dettaglio.
Appena arrivati alla schermata delle opzioni, dopo una breve intro, tra l’altro l’unica parte ad avere un accompagnamento musicale, già si entra in modalità “voglia di mare”, tanto da sentire il caldo pesante sulla pelle. La disposizione delle opzione stilizzata come cinque campi di gioco, con tanto di persone che passeggiano ed assistono alle partite, è un vero piacere e un tocco di classe: potremmo così accedere alle varie prove per far pratica (schiacciata, palleggio o ricezione), buttarci in una partita singola, ottimo per saggiare le nostre abilità, o infine partire con il torneo.
Il nostro alterego sarà o Sinjin Smith o Randy Stoklos – che dalla regia mi dicono essere due giocatori molto forti realmente esistiti. Le spiagge che faranno da teatro alle nostre sfide sono San Diego, Chicago, Waikiki, Rio de Janeiro e Sydney, e in ognuna dovremo disputare tre partite. Ok, Chicago non è in riva al mare, ma avremo comunque un bello scorcio sul lago e una bella spiaggetta artificiale.
[Schermata di selezione]
Una volta scesi in campo, realizzato in pseudo 3D, tutti e cinque splendidamente ricchi di dettagli, si fa in fretta a entrare in sintonia con il gameplay, le mosse sono le stesse delle tre prove di pratica. A questi si aggiungono i tuffi, che vengono effettuati in automatico quando stiamo arrivando verso la palla e la finta del palleggio che invece si traduce nel lanciare la palla nel campo avversario. Esiste anche una mossa speciale, (inventata realmente da Stoklos), ed è il muro ad una mano, utile se siamo in ritardo con il muro classico.
Perché questo gioco mi piace? Oltre alla sua splendida atmosfera, accentuata dal periodo di uscita, una mossa commerciale perfetta che ha scolpito questo gioco nei miei ricordi, è proprio questa grafica così semplice, ma pesantemente fisica, il sapiente uso dei colori… Se chiudi gli occhi ti sembra di sentire il suono del mare e il profumo di salsedine. Poi la sua splendida giocabilità: se da un lato i comandi sono alquanto standard e fregandocene bellamente di qualche problema dovuto alla prospettiva, tutto è tarato in maniera perfetta.
Le mosse richiedono il giusto tempismo ma non sono rigide, con i tre tasti poi non si può sbagliare quello che si vuol fare. Infine, ma non per ultimo, il tasso di sfida: l’AI (intelligenza artificiale) è dannatamente reale, ogni squadra che sfideremo è ostica ma “umana”: benché non abbia un vero punto debole, compie errori e recuperi, niente di diverso da quello che può succedere a qualunque giocatore. Le sfide sono tese, spesso lunghe, con la palla che vola da una parte all’altra del campo con un turbinio di recuperi e passaggi al filo di rasoio. Incredibilmente questa umanità si allarga fino all’arbitro che può commettere errori – e possiamo contestare: una caratteristica ancora oggi molto rara da vedere nei videogiochi sportivi.
Chiude il quadro perfetto di questo grande classico la modalità multiplayer: si può giocare sia in modalità team-up, nella stessa squadra verso la scalata del torneo, oppure uno contro l’altro. Ma è la modalità collaborazione a essere vincente, il divertimento che ne consegue porta il gioco a un nuovo livello di godimento.
Ed è bello vedere che a distanza di tanti anni, almeno “Kings of the Beach” è sempre dannatamente divertente.
O forse, si tratta di quella cosa indefinibile dei bei videogiochi, quelli fatti con amore: come quelle onde, che ci parevano enormi e ora non vediamo più (ma sono le nostre gambe a essere cresciute) o come quelle belle e grosse merendine in riva al mare e che ora sembrano sparite (ma sono le nostre mani a essere cresciute), “Kings of the Beach” allo stesso modo non è cambiato, ma ha cambiato noi.
In quel lasso di tempo che siamo persi nei suoi campi da gioco, ritorniamo bambini, riscopriamo la bellezza di guardare la vita con fantasia e creatività, in modo naturalmente semplice.
P.S. Linkiamo la versione NES per finalità videoludiche di collezionismo benché quella per MS DOS sia forse ancora ad oggi insuperabile!
Pro
Colori e gameplay straordinari
Palleggi freschi come essere al mare
Un memorabilia fuori dall'ordinario
Contro
Prendere la palla a volte non è semplice
Sfide a volte troppo lunghe, ma comunque meritano di essere giocate
Mauro Corbetta
Fondatore di Retroedicola Videoludica Club
Mauro Corbetta, per gli amici Corby, classe ’77, ha nel sangue i videogiochi e l’informatica, il suo primo home computer è stato un glorioso C64, avuto in regalo a 8 anni. Negli anni ha accumulato una quantità impressionante di riviste del settore vantando una delle collezioni più imponenti, e ricercate, per quanto riguarda i videogiochi. Appassionato ed esperto di arcade e il cosiddetto "retrogame" in ogni sua forma, si propone, anche grazie all'associazione Retroedicola Videoludica Club da lui fondata in quel di Bergamo, di divulgare la cultura del videogioco, perché come dice sempre "imparando a giocare insieme lo si potrà fare per sempre".
Mauro Corbetta
Fondatore di Retroedicola Videoludica Club
Mauro Corbetta, per gli amici Corby, classe ’77, ha nel sangue i videogiochi e l’informatica, il suo primo home computer è stato un glorioso C64, avuto in regalo a 8 anni. Negli anni ha accumulato una quantità impressionante di riviste del settore vantando una delle collezioni più imponenti, e ricercate, per quanto riguarda i videogiochi. Appassionato ed esperto di arcade e il cosiddetto "retrogame" in ogni sua forma, si propone, anche grazie all'associazione Retroedicola Videoludica Club da lui fondata in quel di Bergamo, di divulgare la cultura del videogioco, perché come dice sempre "imparando a giocare insieme lo si potrà fare per sempre".
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