di Simon Larocca
21/11/2024
Non so a voi, ma a me è capitato di immaginare come sarebbe la vita a Hyrule. Avete presente? Una terra sterminata, formata da tanti continenti che non si possono contare sulle dita, con creature di ogni genere e luoghi inesplorati nascosti in bella vista. E le locande? Chissà che esistenza impegnativa devono avere i bardi di Hyrule, costretti a inventare ballate su ballate che narrino le gesta delle decine di incarnazioni dell’eroe Link, evocato dall’ennesima discendente di Zelda per salvare il mondo dal perfido Ganondorf.
Zelda: a Link to the Past per Game Boy Advance ispirò le canzoni dei bardi del ventunesimo secolo, per la precisione nel 2002, regalando al mondo un’avventura destinata a fare storia, come si suol dire. Come ben sapete, e se non lo sapete ve lo dico io con molto piacere, la saga di Zelda è forse una delle proprietà intellettuali della grande N più importanti di tutta la sua storia, l’unica davvero capace di rivaleggiare con le gesta di Super Mario, l’icona per eccellenza di Nintendo nel mainstream videoludico.
Ah Fun Fact! Spettacolari i commercial japponesi fatti per il lancio della versione super famicom... Epici... Chiusa parentesi XD
Molte sono le peculiarità che la riguardano, fin dal 1986 quando vide la luce il primo leggendario capitolo ideato dall’onnipresente Shigeru Miyamoto: il titolo infatti cita Zelda, la principessa che spesso dovrà essere salvata o aiutata dall’eroe per eccellenza, e non Link, il nostro avatar muto che muoveremo attraverso il mondo di Hyrule. Inoltre, ogni avventura trasmette valori importanti e universali, come la salvaguardia dell’ambiente, il rispetto per tutti gli esseri viventi e la connessione ancestrale tra le forme di vita di un pianeta e l’anima di quest’ultimo.
Greta Thunberg ancora non esisteva, ai tempi di Hyrule, ma Miyamoto ci vedeva molto lungo, come sempre.
A Link to the Past, titolo geniale che gioca con il nome del protagonista e fa sbrilluccicare l’anello di congiunzione tra il passato della saga e il futuro verso il quale la si voleva rilanciare grazie alla mitica console portatile a colori, conduce l’eroe dalla tunica verde e il fiero cipiglio in un lungo e in largo a Hyrule, affrontando dungeons con prospettiva dall’alto a differenza del capitolo precedente, il secondo, dove fu introdotta quella che al momento è l’unica versione di un gioco di Zelda a scorrimento laterale.
Armato di spada e scudo, Link nel corso delle sue peregrinazioni potrà usufruire di arco e freccia, incantesimi e ripristinare i suoi cuoricini, la sua energia vitale, uccidendo i nemici e aprendo forzieri negli angoli oscuri dei livelli infestati.
In A Link to the Past ritroviamo il gameplay classico della serie, quello che portò sulle vette del successo il primo titolo per NES e che introdusse elementi diventati molto più che iconici, ovvero funzionali alla narrazione della saga: la Triforza, che qui riveste un ruolo cruciale simile al Sacro Graal di Indiana Jones o l’Excalibur di arturiana memoria, e il dualismo Luce/Oscurità, metafora che si concretizza con l’esplorazione di due piani d’esistenza differenti, in cui Link (e noi con lui) dovremo dare fondo a tutta la nostra abilità per arrivare preparati allo scontro finale.
Con chi?
Beh, spoiler alert, sempre lui: Ganondorf, il membro della razza Gerudo conquistatore e implacabile per antonomasia, antitesi perfetta della purezza e il coraggio di Link. Piccola, ma nemmeno tanto, curiosità: all’interno di questa versione per Game Boy Advance (l’originale uscì per SNES molti anni prima) troveremo anche Four Swords, regalandoci così ben due giochi che faranno felici tutti i Zelda-Addicted del mondo!
E i bardi, seduti attorno al fuoco con gli avventori dell’ultima ora, intonano canzoni eroiche aspettando il nuovo ritorno di Link, quando sarà risvegliato dalla sua unica e sola Zelda.
Pro
Le avventure di Link ritornano a volo d’uccello, riportando il gameplay ai fasti del primo capitolo con una moltitudine di dungeon tutti da scoprire
Il Game Boy Advance sembra nato per far girare Zelda: grafica colorata, un’estasi di pixels ed effetti sonori pazzeschi
Più classico che non si può, ma è proprio ciò che ci aspettiamo di trovare accendendo il GBA. Vero?
Contro
Non sempre è intuitivo, a causa della miriade di dungeons e una trama articolata che si sviluppa, come da tradizione, senza essere guidati da cut scenes e intermezzi narrati
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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