di Simon Larocca
06/12/2024
Quando pensiamo alle origini della Storia del Videogioco, una timeline piuttosto ben definita segnata indelebilmente da pietre miliari conosciute anche dai non addetti ai lavori come l’irruente arrivo di Super Mario Bros nelle nostre case, o la formidabile ascesa della PlayStation in tempi più recenti (quasi trent’anni ormai, ma non sottilizziamo), non possiamo non ricordare quello che è il vero avvento dell’intrattenimento videoludica: la nascita di Atari sotto il segno del controverso e geniale Nolan Bushnell, insieme a Ted Dabney.
Atari è parte integrante del mio cuore: la mia prima console in assoluto, acquistata dai miei su supervisione di mio fratello maggiore, fu proprio l’Atari 7800: una macchina eccezionale, con inclusa la cartuccia di Asteroids che per quanto mi riguarda rimane uno dei migliori titoli arcade di quella generazione e non solo. Ma per comprendere davvero la portata dell’impatto di Bushnell e la sua azienda dobbiamo fare proprio come l’idraulico baffuto della concorrenza giapponese, ovvero spiccare un balzo molto più in là nel passato e atterrare nel 1972, anno di fondazione di Atari e data significativa, perché diede inizio a tutto.
[ADV Atari 2600]
Lo fece nel segno di Pong. Da quel momento, il mondo non fu più lo stesso. Stiamo parlando dell’iconica versione televisiva del ping pong, in soldoni, rigorosamente in bianco e nero e che permetteva a due giocatori di sfidarsi colpendo una pallina con le racchette, barrette bianche che si potevano muovere in verticale su un asse predefinito per evitare di far finire la pallina sul limitare estremo dello schermo, sinonimo di punto per l’avversario! Un gameplay minimalista come la sua grafica, ma che funzionò fin dal primo giorno e persino i cabinati di Pong, leggendarie macchine mangia-soldi che restituivano divertimento a ogni ora, ebbero il loro successo in quei luoghi mitologici, oggi scomparsi ahinoi, chiamati Sale Giochi.
Ma Pong, che ebbe anche la sua versione domestica tre anni dopo popolando i soggiorni delle case degli americani con schiamazzi e urla disumane di agguerriti teenagers competitivi, fu solo l’inizio del Mito che aleggia ancora oggi ruota attorno a Bushnell e ad Atari: certo, non fu tutto rose e fiori e il processo per plagio che vide il Pong di Atari alla sbarra con Magnavox Odissey, produttrice di un gioco praticamente uguale uscito qualche mese prima. Finì tra patteggiamenti, soldi scuciti a iosa e la consegna definitiva alla storia del Pong di Bushnell, quello che ancora oggi giochiamo grazie a riproduzioni fedeli nei musei del videogioco e nelle fiere di settore.
Ma la storia di Atari non può e non deve essere connessa esclusivamente al ping pong da televisore: spaziando tra console incredibilmente all’avanguardia per le epoche in cui furono prodotte, e giochi magnifici che si innalzarono orgogliosamente nelle vesti di termini di paragone per quelli che sarebbero venuti dopo, Atari trasformò l’industria del videogioco, nobilitandola se vogliamo, perché da semplice intrattenimento fine a se stesso (niente più che un hobby passeggero quando non si avevano fumetti da leggere o programmi televisivi da subire passivamente) il Videogioco divenne molto di più: una passione indomabile per i ragazzi e le ragazze, oltre che un business di rilievo per imprenditori e industrie.
Prima abbiamo citato l’Atari 7800, uscito nel 1984 e destinato a una battaglia impari contro il NES della Nintendo negli anni a venire, ma non possiamo non citare la piccola grande rivoluzione apportata nel settore dal suo padre putativo, quell’Atari 2600 che negli ultimi anni è stato protagonista di miriadi di operazioni nostalgia, segno tangibile, questo, del suo valore eterno, crocevia ideale tra le “vecchie” console e la legione di otto, sedici e trentadue bit che avrebbe spopolato nei decenni successivi: correva l’anno 1977, la Preistoria del Videogioco in pratica, ma sono sicuro che se dico Breakout, Pitfall o Space Invaders voi non cadrete al pero. Vero?
Atari, nel ventunesimo secolo, esiste ancora, anche se in forme diverse e senza una console di riferimento: in un mondo dominato dal triumvirato Xbox, Nintendo e Sony forse non troverebbe posto, chissà, ma la sua eredità è più viva che mai e noi ce la teniamo ben stretta.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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