Intervistiamo Mauro Corbetta di Retroedicola

Intervistiamo Mauro Corbetta di Retroedicola

Eroi del tempo

di Simon Larocca

16/07/2024

Apro la porta senza troppo entusiasmo, l’ennesima intervista all’ennesimo collezionista un po’ nerd e un po’ tanto asociale, la strada del retrogame è lastricata di personalità del genere, io lo so bene. Mauro Corbetta, cappello di Indiana Jones e camicia a fiori alla Magnum P.I., mi viene incontro con un gran sorriso. Buongiorno, lo saluto porgendogli la mano.

Lui per tutta risposta si tocca la tesa del panama, mi guarda negli occhi come se dovesse passarmi un segreto, o forse dovrei essere io a riconoscere la citazione, cosa che non avviene.

[Mauro Corbetta fondatore di Retroedicola Video Club]

[Mauro Corbetta fondatore di Retroedicola Video Club]

Ed è così che inizia il nostro incontro, nella sede principale di Retroedicola Videoludica Club: con un easter egg. Ci accomodiamo, sono circondato da console di ogni epoca che mi osservano circospette.

[Archivi storici di Retroedicola Video Club]

[Archivi storici di Retroedicola Video Club]

“Sei un intruso o un umano degno di godere delle dosi di divertimento che possiamo regalarti?”

Inizio l’intervista chiedendo a Mauro che cosa lo ha fatto appassionare al mondo dei videogiochi. La domanda è banale, ma la risposta è sorprendente.

«L’amore per i videogiochi viene dalle riviste di videogiochi, la cara carta stampata è scritta nel mio DNA: provengo da una famiglia che, in più generazioni, ha avuto a che fare con le riviste. Ma non da subito, prima che videogiocatore sono un informatico, probabilmente uno dei pochi ragazzini che aveva un C64 e non lo usava per videogiocare. Arriviamo fino al 1991, con la rivista Computer+Videogiochi, o CVG per gli amici, il momento in cui inizio a macinare videogiochi.»

Riviste, carta stampata, inchiostro. A parlarne oggi, in questo settore, appare quasi surreale, eppure spesso ci dimentichiamo quanto sia stato importante il connubio schermo-carta agli albori, quando internet e i social altro non erano che nebulosi strumenti all’orizzonte.

Mauro guarda qualcosa, me lo indica, sorride. Il Commoder 64, uno dei tanti presenti in sede, è proprio lì, accanto a un televisore. Che sia proprio quella, la sua DeLorean?

«Cosa ne pensi del Retrogame? Un videogioco che ami e che ti rappresenta in qualche modo?» Gli pongo le domande con l’aria di chi pensa di poter cogliere in fallo anche il più erudito tra gli appassionati, tuttavia Mauro compie ancora quel gesto: si tocca la tesa del cappello e risponde.

«Super Hang-On, lo giocavo con mio padre alla latteria “sotto casa” (metà bar e metà alimentari, altre storie di un tempo ormai scomparso). Velocità, giocabilità e quello splendido cabinato con quel volante da motocicletta, un'esperienza che ancora oggi mi emoziona.»

Faccio per ringraziarlo, lui mi zittisce afferrando l’action figure di Ryu, iconico protagonista della serie Street Fighter, e me lo punta contro: il suo Hadoken è minaccioso quanto la canna di una 44 Magnum.

«E per la cronaca, il Retrogame non esiste, come non esistono le retroauto o la retromusica. Il Videogioco è un’entità che ha un passato, un presente e un futuro, ma non stiamo parlando di cose diverse. Il videogioco moderno tende ad affossare la natura intima del videogioco in sé: accendi la console, inizia a giocare subito, ti diverti e ti lasci andare, senza tutorial lunghissimi.»

Ci guardiamo, in silenzio.

Rifletto su ciò che mi ha detto e lo faccio mio. Faccio per alzarmi, soddisfatto e felice, quando una mano mi afferra il polso. Mi volto, vedo Mauro sorridente, ma soprattutto vedo ancora quel gesto.

«Mi spieghi che cosa significa?!»

Mauro per tutta risposta prende un joypad, rigorosamente dotato di cavo, me lo porge.

«Ti sto sfidando da quando sei entrato qui dentro. Questo significa videogiocare: Farlo insieme.»

Sorrido, scrollo le spalle. Perché no?

«Va bene.» dico «Ma il gioco lo scelgo io.»

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Simon Larocca

Scrittore e socio di Retroedicola Video Club

Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.

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