di Simon Larocca
12/09/2023
Il settore videoludico è da sempre uno dei più remunerativi per gli addetti ai lavori, soprattutto da quando è diventato ufficialmente mainstream, valicando le barriere iniziali costituite da diffidenza dell’opinione pubblica, penuria di mezzi di diffusione senza una chiara e netta strategia di marketing e, ultima ma non ultima, la concezione del Videogioco come una sorta di passatempo per nerd rinchiusi nelle profondità degli scantinati delle loro case.
Fin dai tempi di Pong e la rivoluzione che ne è scaturita, i videogiochi hanno prodotto fatturati crescenti e sempre più impattanti, ampliando l’offerta per gli utenti e nobilitando mestieri che fino a pochi anni prima sembravano appannaggio esclusivo di aziende che con i videogiochi avevano a che fare solo collateralmente: informatici, creativi, narrative designer oggi sono professioni altamente qualificanti e ricercate, per intenderci.
Tutto questo serviva a sottolineare la forza economica del settore nel globo, ma in Italia come vanno le cose?
Se pensiamo che nel post-pandemia il mercato italiano dei videogiochi ha realizzato un giro d’affari che si aggira sui 2,2 miliardi e mezzo, dato che si riferisce specificatamente al 2022, due anni dopo la proliferazione del Covid nel mondo con tutte le sue conseguenze sociali, politiche ed economiche, abbiamo un’idea di quanto il mercato non solo non abbia risentito pesantemente come altri settori, ma al contrario abbia acquisito un trend destinato a crescere di volume.
Ma il dato veramente sorprendente è quello che riguarda molto da vicino noi videogiocatori e collezionisti: che siate della vecchia guardia oppure no, dovete sapere il che il fisico, ossia il prodotto videogioco tangibile e che potete stringere tra le mani, è in netta crescita, al contrario del digitale che invece, dopo un boom iniziale nei primi Duemila e durante (per ovvie ragioni) il periodo di pandemia, sta registrando un calo, minimo ma costante.
Certo, il mercato dei software digitali, delle app e del mobile richiama a sé un’enorme fetta degli utenti, ma più del 15 % dei videogiocatori utilizza prodotti fisici e preferisce l’esperienza del negozio invece dell’acquisto digitale eseguito con un click, operazione certamente più veloce ma “fredda” e priva di tutta una serie di condivisioni e scambi che parte della popolazione, crescente, ricerca assiduamente.
Questo, è chiaro, sta di nuovo avvenendo grazie all’allentamento delle restrizioni, oggigiorno pressoché assenti, che avevano costretto l’utente videoludico a trovare nuovi modi per poter usufruire del media videogioco, grazie a mezzi più immediati come il cellulare, per esempio.
Ma che cosa spinge il videogiocatore medio italiano a desiderare la cartuccia e il disco di gioco da inserire manualmente nella console, piuttosto che la notifica su schermo dell’avvenuto acquisto del gioco tanto agognato?
Qual è il motore che lo spinge a preferire, ancor oggi, il Fisico al posto del Digitale?
La risposta risiede dentro di noi, come tutte le rivelazioni più illuminanti.
La bellezza di una copertina, il piacere tattile che si prova nel passare i polpastrelli sul disco, la possibilità di deporre la custodia del nostro gioco sullo scaffale, assiso su un trono di ricordi che rimarranno sempre davanti ai nostri occhi, costituiscono di per sé esperienze appaganti e insostituibili, un booster emozionale capace di restituirci, ogni volta che ne sentiamo il bisogno, una nuova avventura che è allo stesso tempo la medesima.
Ed è proprio questo ripetersi multisensoriale a definirne l’unicità, ma non solo! Anche una questione puramente commerciale, sì perché il videogioco fisico può essere rivenduto o scambiato per altri titoli, cosa che per il digitale è impossibile.
Senza contare che, in un mondo che corre spedito verso un futuro totalmente digitale, interconnesso e forse anche un po’ asettico, nessuno potrà toglierci il fisico dalle nostre mani.
Nostro. Per sempre.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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