di Simon Larocca
02/11/2023
Il media videogioco in Italia ha subito spesso fenomeni di ostracismo e isolamento intellettuale, mentre oltreoceano in passato si inneggiava alla novità e alle prospettive future di una tecnologia audiovisiva diversa dalla televisione.
Tuttavia la proliferazione di nuove professioni, nobilitate da grandi nomi dell'industria come Miyamoto o il più recente Druckmann con The Last of Us, hanno sdoganato di molto la concezione del videogioco così come lo si intende, elevandolo non solo come fenomeno di massa: l'industria del gaming, da sola, ha avuto come ricavi nel 2021 ben 183 miliardi nel mondo, più del doppio di quella del cinema e della musica messe insieme.
Secondo l'interessante ed esaustivo report compilato da I.D.E.A. (Italian Interactive Digital Entertainment Association), "tra i 160 studi di sviluppo che hanno risposto all'indagine, l'80% è costituito da imprese, per lo più collettive, e il 75% opera sul mercato da oltre 4 anni, a conferma di una sempre maggiore organizzazione e di un consolidamento del settore, in uno scenario di mercato internazionale di grande competitività".
È questo l'esempio di Milestone, la software house milanese che da anni ormai è un punto di riferimento tra i publisher che si occupano di racing game a livello internazionale.
Ormai, quasi tutte le aziende italiane che si occupano di game media, dalle più piccole a quelle più grandi, hanno superato da tempo la fase di start up, e contano almeno dieci persone nel loro organico.
Un dato significativo, se collocato nella nostra realtà imprenditoriale.
Lo sviluppo di competenze settoriali, dal graphic designer allo sceneggiatore, dai professionisti del doppiaggio e localizzazione (esportare il prodotto è uno degli step fondamentali anche da noi) fino ai compositori delle colonne sonore, traccia inoltre un confine tra amatorialità e professionismo: l'Italia sta finalmente entrando, a piccoli ma decisi passi, nella fetta di mercato internazionale che conta, quella di uno sviluppo crescente e rappresentativo di un'imprenditorialità più efficace e a lungo termine.
Il giro d'affari intorno al videogioco si è attestato nel 2022 con una cifra pari a 2,2 miliardi di euro: numeri importanti, perché sottolineano due fattori fondamentali in questa equazione.
Il primo è che gli italiani e la loro passione per i videogiochi non ha subito flessioni nel periodo pandemico e in quello immediatamente successivo, sostenendo la domanda in un mercato dove il rischio di una sovrabbondanza di offerta poteva danneggiare definitivamente il settore, perlomeno nel nostro Paese.
Altro fattore di fondamentale rilevanza è la risposta che gli utenti hanno fornito nel periodo post-pandemia, per quanto riguarda il software: considerando che il volume d'affari del segmento software è pari quasi a 2 milioni di euro, il fatto che il 15 % del mercato sia costituito da software fisico, ha spinto gli addetti ai lavori a una riflessione importante: il negozio fisico non solo torna alla ribalta, ma si pone come attore decisivo e punto di riferimento per il mercato videoludico odierno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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