di Simon Larocca
14/09/2024
Il piacere del Gioco con la g maiuscola è la pietra angolare sopra la quale costruiamo i nostri sogni di videogiocatori, l’adrenalina che non ci faceva stare nella pelle quando, con la monetina da duecento lire stretta tra i polpastrelli, ci apprestavamo a imbarcarci sui galeoni del divertimento, affrontando tempeste indomabili quanto il coraggio di Elaine Marley ed esplorando tetre magioni di notte per salvare Sandy dal malvagio dottor Fred.
Le chiamavano Avventure Grafiche, mondi pazzeschi fatti di pixel colorati e puzzle assurdi che ci facevano trascorrere ore e ore in un’estasi di gioco difficilmente replicata con il passare degli anni, ma andiamo con ordine: cos’ è un’avventura grafica? Prendete un mouse, una tastiera e trasformateli negli strumenti che vi permetteranno di interagire con il gioco in questione: Punta e Clicca, termine che connota questo genere di videogiochi che ancora oggi appassiona migliaia di fan anche se con vesti diverse, significa appunto questo, puntare l’oggetto che ci serve e cliccarci sopra per interagire con gli svariati ed eccentrici personaggi di contorno delle trame inventate dalla LucasArts e la Sierra, colossi che a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta erano sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori e dominavano il mercato delle avventure grafiche come nessun altro.
Maniac Mansion, Monkey Island e Grim Fandango sono solo alcuni dei titoli essenziali da giocare per andare al cuore delle avventure grafiche, perle sfavillanti di giocabilità e linee di dialogo irriverenti ed entrate ormai nello slang degli appassionati: le battaglie di insulti in salsa piratesca in Monkey Island o stralci di commedia cupa alla Grim Fandango, titolo che ebbe una remastered poco meno di dieci anni fa anche su Playstation 4 tra l’altro, e da molti considerato una delle migliori adventure di sempre.
Per chi si avvicina solo ora a questo genere seminale, è fondamentale delineare le caratteristiche principali di un’avventura grafica, perché nonostante le ambientazioni e le atmosfere possano essere molto diverse a seconda dell’impronta data dagli sviluppatori, vi sono elementi ricorrenti che oserei dire imprescindibili, almeno per quanto riguarda quelle storiche: umorismo sottile o demenziale, comunque riconoscibile grazie a battute e gag pensate come tormentoni (chi non sorride ripensando all’enigma della capra di Broken Sword mente e sa di farlo), dialoghi a scelta multipla e menù dell’inventario pronto ad accogliere gli oggetti più disparati, alcuni volutamente inutili ai fini della risoluzione dei puzzle, infine una pletora di personaggi secondari caratterizzati in modo meticoloso, vere e proprie spalle in grado di rubare la scena con la loro parlantina e gestualità: se avete giocato a Hollywood Monsters dei Pendulo Studios, sapete a cosa mi riferisco. Se non lo avete ancora fatto, recuperatelo al più presto.
[Enigma della capra di Broken Sword]
Il ventunesimo secolo ha visto un ritorno grandioso del genere, dopo anni di stagnanti pause dovute all’ascesa di sparatutto moderni dalla grafica fotorealistica e l’avvento dei famigerati Moba online. Molte aziende di sviluppo si sono rimboccate le maniche e, memori delle lezioni dei loro maestri Ron Gilbert e Roberta Williams (fun fact: lei è la game designer che con Phantasmagoria del 1995 ha fatto nascere in me la passione per i videogiochi horror), hanno prodotto un esercito di nuove leve che hanno infoltito le fila del genere: il maestoso Syberia, l’inquietante Heavy Rain e la demenziale saga di Deponia sono solo alcune delle avventure grafiche delle nuove generazioni che hanno ridato vita ai punta e clicca, ovviamente in chiave moderna e aprendo la strada a nuovi modi di intendere il genere stesso.
Life is Strange, capolavoro del 2013 dei Dontnod, infatti, rappresenta l’ibrido perfetto tra narrativa, meccaniche di gioco interattive con scelte multiple e interazione ambientali innovative, grazie non solo ai soliti oggetti raccoglibili ma anche ai poteri e le abilità dei protagonisti del gioco stesso: l’eredità di Sierra e Lucas è stata raccolta con tutti gli onori e il rispetto dovuti, ora è tempo di puntare il futuro delle avventure e cliccare con entusiasmo.
Ci sarà ancora da divertirsi.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Registrati alla nostra newsletter! Grazie all'intelligenza artificiale ti faremo arrivare in casella una mail costruita a misura dei tuoi interessi.