di Simon Larocca
28/12/2023
Li abbiamo giocati tutti.
Che siate giovani(ssimi) videogiocatori alle prime armi o appassionati con (molti) anni di esperienza appartenenti alla cosiddetta Vecchia Guardia, avrete certamente sentito parlare di Bomberman e le centinaia di titoli che hanno popolato l'infanzia di grandi e piccini.
Tutto ciò che dovremo fare è risolvere enigmi e situazioni con la logica, l'ingegno e anche una buona dose di intuito. I Puzzle Games, o videogiochi rompicapo, rappresentano forse la stragrande maggioranza del parco titoli videoludico dagli albori a oggi, grazie alla capacità di abbracciare molteplici categorie di videogiocatori e, soprattutto, videogiocatrici.
Il gameplay può variare a seconda dello scopo del gioco, del level design e altri fattori caratteristici, ma di base ci introduce in un mondo delimitato da regole ben precise, con bonus e malus a seconda di come interpreteremo la partita.
Che si tratti di incastrare tetramini tra di loro per creare delle linee che si autodistruggeranno una volta completate, è il caso di Tetris ovviamente, o sparare bolle colorate in cima allo schermo per appiccicarle ad altre del medesimo colore così che scoppino facendoci acquisire punti e spazi preziosi come in Bust a Move, il principio è sempre lo stesso: superare il livello con il joypad più formidabile di sempre, la nostra mente.
A differenza degli sparatutto, dei simulatori sportivi o persino dei giochi di ruolo, che spesso si basano sulla capacità di riflessione del giocatore e di una certa propensione alla gestione delle risorse e pianificazione, i Puzzle Game non necessitano di una vera e propria storia da giocare o cinematografici intermezzi: gli sviluppi di trama alla The Last of Us non solo non vengono contemplati, ma risulterebbero anche e soprattutto decontestualizzati dallo spirito di questo genere.
Immediatezza e rapidità di apprendimento costituiscono le imprescindibili parole chiave che un programmatore deve sempre tenere a mente, se desidera offrire il prodotto che l'utente, ossia noi, sta cercando.
Penso, per esempio, ai Lemmings, quelle simpatiche, adorabili e autodistruttive creature verdi protagoniste dell'omonimo gioco del 1991 per Amiga e che, mettendoci a disposizione un gameplay intuitivo che rispettava in toto le linee guida dei puzzle games, dimostrò tra le altre cose quanto fosse facile per noi giocatori prendere in mano la vita digitale di un intero popolo e disporne a nostro piacimento.
Salvarli e superare il livello o farli morire nei modi più disparati accettando il game over con un sorriso? Dilemmi morali non da poco, se ci pensiamo. Il Videogioco poteva, e può, condurre anche verso crocevia di questo tipo.
E cosa dire, poi, di un titolo seminale e tutt'oggi insuperabile come Money Puzzle Exchanger, creato per Neo Geo nel 1997, in cui dobbiamo saper letteralmente fare di conto, senza l'ausilio della calcolatrice, per impilare monete e ripulire lo schermo dalle decine di gettoni colorati pronti a trascinarci sul lastrico nel fatidico game over?
Oppure Le Avventure di Lolo, per Nes, uno dei miei giochi preferiti: anche in questo caso, logica e ragionamento saranno le uniche armi a disposizione contro i nemici che si frappongono fra il nostro eroe e Lala, rapita dai cattivoni.
Concepire livelli che sappiano coinvolgere il giocatore con un tripudio di colori, personaggi adorabili e una meccanica facilmente apprendibile, tuttavia non banale, costituisce ancora oggi il segreto per un buon puzzle game.
Il comparto grafico dev'essere curato, ma a fare la differenza non sarà certo la potenza di fuoco della scheda grafica, bensì come verranno sfruttati gli elementi sullo schermo: questo ha fatto sì che molti titoli usciti negli anni siano stati realizzati da piccole case di produzione, spesso indipendenti, che hanno messo i pochi mezzi a disposizione al servizio di una buona idea, incastrandola alla perfezione proprio come i tetramini di una partita a Tetris.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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